venerdì 11 ottobre 2013

Le stravaganti meraviglie matematiche di Mein Herr

C’è un capitolo dell’ultimo libro scritto da Lewis Carroll (1832-1898), Sylvie e Bruno (che ho sfogliato in rete nell'edizione originale) che è pieno di suggestioni matematiche e fisiche. Si trova nel secondo volume del racconto (pubblicato del 1893), e ha per protagonista lo stravagante vecchio Mein Herr (Mio Signore), mezzo tedesco e mezzo eerie, cioè proveniente dal mondo incantato. Mein Herr racconta molte cose interessanti e “meravigliose” del suo paese durante un tè pomeridiano con un gruppo di persone, tra le quali il protagonista e voce narrante, sempre più affascinate dall'eccentricità di quanto ascoltano. Carroll dimostra qui per l’ennesima volta la sua grande perizia narrativa, perché riesce a mescolare senza urti e contraddizioni il mondo più lontano dalla “razionalità” e i concetti matematici più aggiornati della sua epoca. 

La prima idea matematica che si incontra nel racconto di Mein Herr riguarda la topologia. C’è un cenno al nastro di Mδbius, la nota superficie non orientabile a un solo lato e un solo bordo, ma soprattutto ci sono le istruzioni per realizzare, partendo da tre “fazzoletti da taschino”, una “borsa magica” in cui non si può distinguere l’interno dall'esterno, che è un piano proiettivo. Nel racconto, la borsa magica prende il nome di Borsa di Fortunatus, con riferimento a un racconto tedesco del XVI secolo, incorporato più tardi nella tradizione delle fiabe inglesi, in cui il giovane cipriota Fortunatus riceve in dono dalla dea Fortuna una borsa che si riempie continuamente per quanto da essa si attingano cose e denaro. 

Seguiamo il racconto di Carroll (traduzione mia):

Lady Muriel ci condusse al ben noto angolino ombroso dove era già stato apparecchiato per il tè del pomeriggio e, mentre entrò in cerca del Conte, noi ci sedemmo su due poltrone e “Mein Herr” prese in mano il lavoro di Lady Muriel e lo esaminò con i suoi grandi occhiali (uno dei particolari che lo rendeva così provocatoriamente simile al Professore). “Sta facendo l’orlo a dei fazzoletti da taschino?” disse divertito “Così è a questo che si dedicano le signore inglesi, vero?” 
“È la sola impresa”, dissi, “in cui l’Uomo non ha mai uguagliato la Donna!” 
Lady Muriel ritornò accompagnata da suo padre, e, dopo che egli ebbe scambiato qualche parola amichevole con “Mein Herr”, e che ci fossimo tutti forniti dei necessari comfort, il nuovo venuto tornò al suggestivo argomento dei fazzoletti da taschino. 
“Avete sentito della Borsa di Fortunatus, Miladi? Ah, così! Sareste sorpresa di sentire che, con tre di questi pikoli fazzoletti, potereste fabbricare la Borsa di Fortunatus molto in fretta e molto facilmente?” 
“Davvero?” rispose Lady Muriel impazientemente, mentre ne prendeva un mucchietto in grembo e infilava l’ago “Vi prego, ditemi come fare, Mein Herr! Ne farò una prima di toccare un’altra goccia di tè!” 
“Dovreste innanzitutto,” disse Mein Herr, prendendo egli stesso due dei fazzoletti, stendendone uno sopra l’altro, e tenendoli per i due angoli, “dovreste innanzitutto unire questi angoli superiori, il destro con il destro, il sinistro con il sinistro, e l’apertura tra di essi sarà l’apertura della Borsa”. 
Pochi punti furono sufficienti per eseguire questa istruzione. “Ora, se cucio assieme gli altri tre bordi”, lei suggerì, “la borsa è pronta?” 
"Non così, Miladi: prima bisogna unire i bordi inferiori  ah, non così!” (perché lei stava cominciando a cucirli assieme). “Capovolgete uno di essi, e unite l’angolo destro in basso di uno con l’angolo sinistro in basso dell’altro, e cucite i bordi inferiori in quella che chiamereste la maniera sbagliata!” 
"Vedo!” disse Lady Muriel, mentre eseguiva con destrezza l’ordine. “E che borsa attorcigliata, scomoda, dall'aspetto inspiegabile ne vien fuori!”. Ma la morale è bella. La ricchezza senza limiti si può ottenere solo facendo le cose nel modo sbagliato! E come uniamo queste misteriose - no, voglio dire questa misteriosa apertura?” (intanto rigirava la cosa con aria interrogativa). “Sì, è una sola apertura. Pensavo all'inizio che fossero due.” 
“Conoscete l’enigma dell’Anello di Carta?” disse Mein Herr rivolto al Conte. “In cui si prende una striscia di carta e si uniscono le estremità, dopo averne ruotata una, in modo da unire l’angolo superiore di una all'inferiore dell’altra?”. 
“Ne vidi uno già fatto, solo ieri”, rispose il Conte. “Muriel, bimba mia, non ne stavi costruendo uno per divertire i bambini che avevi per il tè?” 
“Sì, conosco l’enigma, disse Lady Muriel,. “L’Anello ha solo una superficie, e solo un bordo. è assai misterioso!” 
“La borsa è proprio come quello, giusto?” suggerii. “La superficie esterna di un suo lato non è continua con la superficie interna dell’altro lato?” 
“È così!” lei esclamò. “Solo che non è una borsa, finora. Come riempiremo questa apertura, Mein Herr?” 
“In questo modo!” disse il vecchio con enfasi, prendendo la borsa dalle sue mani, e alzandosi in piedi nell'eccitazione della spiegazione. “Il bordo dell’apertura consiste di quattro lati di fazzoletto, e potete seguirlo continuamente, tutto intorno all'apertura: giù dal bordo destro di un fazzoletto, su fino al bordo sinistro dell’altro, poi giù di nuovo lungo il bordo sinistro di uno e su lungo il bordo destro dell’altro!” 
“Allora è vero!” mormorò Lady Muriel pensosamente, tenendosi la testa tra le mani, e guardando il vecchio seriamente. “E ciò prova che c’è solo una apertura!” (…) 
“Ora, questo terzo fazzoletto” continuò Mein Herr “ha pure lui quattro bordi, che si possono seguire continuamente tutto intorno: ciò che dovete fare è unire i suoi quattro bordi ai quattro bordi dell’apertura. La Borsa è così completa, e la sua superficie esterna...“ 
“È vero!” lo interruppe impazientemente Lady Muriel. “La sua superficie esterna sarà continua con quella interna!” Ma ci vorrà tempo. La cucirò dopo il tè.” Si stese di fianco alla borsa, e riprese in mano la sua tazza di tè. “Ma perché la chiamate Borsa di Fortunatus, Mein Herr?” 
Il caro vecchio era raggiante su di lei, con un sorriso allegro, e sembrava il Professore più che mai. “Non vedete, bambina mia ‒ o dovrei dire Miladi? Tutto ciò che è dentro quella Borsa, è fuori di essa; e tutto ciò che è fuori, è dentro di essa. Così avete tutte le ricchezze del mondo in quella pikola Borsa!”


Opportunamente Lady Muriel non porta a termine l’operazione suggerita da Main Herr: il piano proiettivo è chiuso e non orientabile, cosa che implica che la sua immagine non può essere rappresentata nelle 3 dimensioni senza auto-intersezioni. Tuttavia è possibile realizzare modelli di oggetti molto simili, come il “cappello di Fortunatus” lavorato all'uncinetto da Susan Goldstine, professoressa associata di matematica al Saint Mary’s College of Maryland. 


Un’altra stramberia di Mein Herr che riguarda la matematica e la fisica è la descrizione delle linee ferroviarie nel suo paese, tutte realizzate in galleria, con un’idea che ricorda il tunnel della Gelmini tra il CERN di Ginevra e il Gran Sasso. Ecco che cosa dice quando Lady Muriel lo invita a raccontare altre cose meravigliose del suo paese:

“Essi fanno funzionare i loro treni senza alcun motore… non serve altro che un macchinario con il quale fermarli. Ciò è abbastanza meraviglioso, Miladi?” 
“Ma da dove arriva la forza?” osai chiedere. 
Mein Herr si girò rapidamente, per vedere il nuovo interlocutore. Poi si levò gli occhiali, li pulì, e mi guardò di nuovo, con evidente stupore. Potevo vedere che stava pensando ‒ come me del resto ‒ che dovevamo esserci già conosciuti. 
“Essi usano la forza di gravità,” disse. “è una forza conosciuta anche nel vostro paese, credo?” 
“Ma ciò richiederebbe che un treno proceda in discesa,” osservò il Conte. “Non potete avere tutti i treni che vanno in discesa?” 
“Tutti lo fanno”, disse Mein Herr. 
“Non in entrambe le direzioni?” 
“In entrambe le direzioni.” 
“Allora mi arrendo!” disse il Conte. 
“Potete spiegare come accade?” disse Lady Muriel. “Senza usare quella lingua che non so parlare correntemente?” 
“Facile, “ disse Mein Herr. “Ogni linea ferroviaria si trova in un lungo tunnel, perfettamente diritto: così naturalmente il punto mediano di esso è più vicino al centro del globo che le due estremità: così ogni treno procede per metà strada in discesa, e ciò gli dà forza abbastanza per percorrere l’altra metà in salita.”

L’idea del treno gravitazionale sembra a prima vista molto balzana. La situazione descritta da Mein Herr è rappresentata schematicamente dalla figura. In o gni caso, Lewis Carroll non si è inventato nulla: nel XVII secolo, Robert Hooke, in una lettera a Isaac Newton, aveva esposto l'idea del moto di un oggetto all'interno del globo terrestre se non ci fosse stata alcuna resistenza. Inoltre, un progetto in tal senso fu realmente presentato all'Accademia delle Scienze di Parigi nella prima metà del XIX secolo. Lasciamo perdere per un istante le difficoltà tecniche di costruzione di una simile rete ferroviaria, e sorvoliamo sui problemi causati dall'attrito. Alcuni calcoli permettono di stabilire che il nostro treno si comporterebbe come un oscillatore lineare, e, perciò, che il tempo di percorrenza non dipenderebbe dalla lunghezza del tunnel, ma esclusivamente dalla densità della terra (ammettendo che sia isotropa) e dalla costante gravitazionale! Indipendentemente dalla posizione delle stazioni di partenza e arrivo, il viaggio durerebbe 42'12’’ Il treno raggiungerebbe la sua massima velocità nel punto mediano del tunnel: passando esattamente dal centro della Terra, essa varrebbe 7.900 m/s!

L’ultima idea di Mein Herr della quale mi occupo è quella di una carrozza con le ruote di forma e assetto tali da riprodurre il rollio e il beccheggio di una nave: 

“Favoloso!” disse il Conte, che aveva ascoltato con attenzione. “Esistono altre peculiarità nelle vostre carrozze?” 
“Nelle ruote, talvolta, mio Signore. Per la vostra salute, andate al mare: provate il beccheggio, il rollio, qualche volta l’affogamento. Noi facciamo tutto ciò sulla terraferma. Sentiamo il beccheggio, come voi, il rollio, come voi, ma non anneghiamo! Non c’è acqua!” 
“Come sono fatte le ruote, allora?” 
“Sono ovali, mio Signore. Per questo le carrozze salgono e scendono.” 
“Sì, e fanno beccheggiare la carrozza avanti e indietro: ma come fanno a farla ondeggiare di lato?” 
“Non sono in asse, Signore. L’estremità di una ruota risponde al lato della ruota opposta. Così prima sale un lato della carrozza, poi l’altro. E contemporaneamente beccheggia. Ah, dovete essere un buon marinaio, per guidare le nostre navi-carrozze!” 
“Posso crederlo facilmente” disse il Conte. 
Mein Herr si alzò in piedi. “Ora devo lasciarvi, Miladi,” disse guardando l’orologio. “Ho un altro impegno”.

Su questa idea davvero bizzarra ci viene in aiuto Luciano Cresci, che se ne è occupato nel divertente e utile Le curve matematiche. Tra curiosità e divertimento (Hoepli, 2005). Innanzitutto le ruote non sono ovali in senso matematico, ma ellissi. “È facile immaginare che l’intensità del beccheggio dipenderà dalla forma dell’ellisse: quanto più sarà allungata, tanto più il beccheggio metterà a repentaglio gli stomachi dei poveri viaggiatori”. Devo dire che un analogo effetto si otterrebbe con ruote circolari eccentriche, cioè delle camme, come avviene nei motori a scoppio per comandare l’apertura e la chiusura delle valvole. Più interessante è il problema del rollio, cioè il dondolamento ortogonale alla direzione di marcia. Secondo Cresci, “la soluzione più confortevole – si fa per dire – che consente alle ruote di poggiare sempre per terra, quindi senza sollevamenti temporanei di alcune di esse, consiste nell’avere le ruote diametralmente opposte con i loro assi maggiori perpendicolari, mentre il bilancio delle oscillazioni tra beccheggio e rollio si ottiene impostando tra gli assi delle ruote anteriori un angolo compreso tra 0° e 90°. Sembra che l’ottimo si ottenga con un angolo di 45°. Provare per credere”. 


Davvero qualcuno ci ha provato. La foto rappresenta una “jeep” a ruote elicoidali scattata nel dicembre 1950 e pubblicata su Life. Si riferisce a un progetto militare statunitense del 1946 per un trattore basato sull’idea che si poteva accrescere la trazione se la pressione sul terreno poteva essere cambiata regolarmente al girare delle ruote. Furono costruite apposta quattro ruote elicoidali con i relativi pneumatici, che furono montate su un trattore da neve sfasate di un angolo di 90° tra la ruota destra e quella sinistra e tra la ruota anteriore e quella posteriore. Le due ruote motrici anteriori erano invece normali. Il progetto non ebbe seguito, ma possiamo osservare che ancora una volta la letteratura ha preceduto la realtà.



4 commenti:

  1. "... anche se è vero che la forza di gravità è più intensa man mano che ci si avvicina al centro della terra."

    Ma proprio no.

    Ciao
    yop

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    1. Hai ragione, ma che cacchio ho scritto? Cancello la frase incriminata e ti ringrazio per la peer-review.
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    2. Vala'. Ringrazia un bel tubo, che son capaci tutti (o quasi) a far le pulci a qualcunaltro, ma a produrre qualcosa di consistente, hai voglia te le assenze (in)giustificate...
      Grazie a te quindi, altro che a me, caro Barozzi.

      Ciao
      yop

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  2. Vada pure per i 90° fra le ruote posteriori di uno stesso lato, ma per le ruote di ciascun asse lo sfasamento dipende da quante curve sono state fatte verso destra e verso sinistra.

    Potrà sorprendere il fatto che non dipende invece dalla specifica geometria delle curve.

    Se le ruote furono montate con certo sfasamento quando la macchina era orientata verso nord, si ritroveranno in quella posizione reciproca tutte le volte (*) che la macchina è orientata verso nord, purché non abbia fatto, al netto, giri completi su se stessa.

    Tutto ciò in ipotesi di Terra piatta, ovviamente.


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    (*) condizione sufficiente, ma non necessaria.
    Saluti

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