martedì 24 luglio 2012

Memorie di una guerra fratricida,
di Anna Maccagni

Piacenza, 12 ottobre 1443 

Sono ormai quattro i mesi trascorsi in questa città di Lombardia, dove il padre mio mi ha mandato per impratichirmi nel mestiere di mercante. Il mio ospite e maestro, Matteo Cigala, mi ha accolto in casa sua come se fossi un figlio e, sotto la sua guida, ho cominciato a destreggiarmi tra numeri e scritture e ad imparare a riconoscere la qualità delle sete e delle lane. 
Avrò tempo in seguito per descrivere la città ed elogiarne gli abitanti e la cucina, perché ora mi preme raccontare i fatti curiosi che, da un po' di tempo, si stanno verificando a Piacenza. Qui sorge un antico convento dei domenicani, dedicato a San Giovanni e che quelli del posto chiamano San Giovanni al Canale per via della Beverora che vi scorre davanti. Ebbene, sembra che i padri conventuali non conducano più la vita esemplare di una volta, tanto che i piacentini, che di cose sacre evidentemente ne sanno più di me, hanno chiesto ed ottenuto che essi venissero sostituiti dai loro fratelli osservanti. Così, qualche giorno fa, muniti delle lettere del Generale dell'Ordine, quelli dell'Osservanza hanno preso possesso di San Giovanni, scacciando tutti gli altri. Sembra che solo due di loro, un certo fra Antonio da Luna e fra Marco Piacentino, siano potuti rimanere e chissà poi perché. Forse i loro occhi lasciavano trapelare una maggiore santità? 


Piacenza, 30 ottobre 1443 

Al ritorno da Milano, dove m'ero recato in compagnia di Matteo Cigala che doveva sbrigarvi certi suoi affari, ho trovato ad attendermi mio cugino Giovanni. Che gradita sorpresa, che feste ci siamo fatti! Non immaginavo proprio d'avere tutta questa nostalgia di casa… Giovanni mi ha portato alcuni pacchi e una lettera di mio padre. Caro padre, si preoccupa sempre per me! Mi ha inviato del denaro, anche se in realtà non ne ho bisogno, dal momento che il signor Matteo non mi fa mancare niente. E che dire di mia madre e delle mie giovani sorelle? Aprendo quei pacchi, che cosa non n'è uscito! Calze, vestiti e mantelli pesanti, affinché tu non abbia a patire il freddo, mi scrivono, perché sappiamo che gli inverni di Lombardia non sono mai come quelli di Genova. Quanta voglia di vederle e riabbracciarle! 
Ma bando alle malinconie! C'è una bella notizia: i frati osservanti hanno ripreso in seno alla loro comunità i fratelli conventuali. Sicuramente hanno mostrato una grande pietà; infatti, come avrebbero potuto cavarsela gli espulsi, soprattutto dopo il pubblico editto con il quale è stato vietato a chiunque, sotto pene gravissime, di dar loro consiglio, aiuto e favore? 


Piacenza, 8 novembre 1443 

Sembra che le cose tra i padri predicatori si stiano mettendo male. Anziché mettere pace, la riammissione dei conventuali ha inasprito ancor più gli animi. Ogni giorno, in città, si viene a sapere di screzi e dispettucci tra frati d'opposta fazione. Forse i conventuali non riescono proprio a vedersi come semplici fraticelli, senza alcun ruolo importante, obbligati a seguire tutte le osservanze della Regola in un luogo dove, poco tempo prima, erano padroni. 


Piacenza, 15 dicembre 1443 

Neanche l'approssimarsi del Santo Natale riesce a calmare gli animi di coloro che abitano nel convento di San Giovanni. In quest'ultimo mese, il traffico da una sponda all'altra del Po pare tornato quello dei periodi in cui si sta preparando una guerra; il via vai dei rappresentanti e dei deputati, che i due contendenti inviano a Milano, continua ad aumentare e si moltiplicano le lettere mandate al Padre Generale e al Papa. Tuttavia sembra che una decisione sia già stata presa e non so quanto piacere farà ai conventuali: a costoro sarà concesso di poter abitare in convento, e a spese del medesimo, ma a far da padroni saranno gli osservanti.


Piacenza, 3 gennaio 1444 

Ma in quali tempi viviamo? In questo clima è chiaro che abbiano buon gioco coloro che alimentano e diffondono foschi presagi e angosciose inquietudini. Mi viene in mente quel tale, fra Giambattista dell'Ordine dei Romitani, che, la scorsa estate, aveva creato tumulti, vaneggiando dell'Anticristo nato a Babilonia… Il vescovo di Piacenza lo mise a tacere; ma quanti altri visionari bisognerà zittire, se continuerà ad affievolirsi lo spirito religioso e l'amore agli studi dei nostri monaci? La scorsa notte, infatti, le controversie tra i domenicani hanno raggiunto il culmine: i conventuali, a furia di bastonate e di ferite, hanno cacciato fuori del convento quelli dell'Osservanza; e questo in barba ai nuovi ordini del Pontefice e alle prescrizioni dell'arcivescovo di Milano, che in questa causa funge da delegato apostolico. 


Piacenza, 18 febbraio 1444 

Forse questa scandalosa e ridicola guerra fratesca è giunta alla fine. Alcuni giorni orsono, gli ufficiali del duca hanno arrestato e rinchiuso nelle carceri della Cittadella parecchi conventuali, tra cui fra Rainaldo Cartàro. Non è stata una cosa facile liberare il convento per restituirlo agli osservanti: lo sforzo è stato durissimo e si è combattuto per tutto il giorno, fino a sera. Giunti allo stremo, i conventuali si sono arresi e, dopo aver spogliato tutto il monastero, lo hanno lasciato a quelli dell'Osservanza che ne hanno preso possesso pacificamente, senza strepito alcuno. La qual cosa sembra non abbiano fatto i conventuali che, carichi dei beni saccheggiati e armati di picche e forconi, hanno abbandonato San Giovanni simili ad una soldataglia che lascia l'accampamento. E come soldati hanno avuto i loro feriti e persino un morto: mentre gli uomini del duca tentavano di scalare i muri del convento, un conventuale - un certo fra Guglielmo da Gragnano - è caduto giù dal tetto, finendo nel rivo vicino. 


Piacenza, 1 aprile 1444

Ieri sera abbiamo ricevuto la visita di Antonio Gallo, un amico del signor Matteo. Oltre a parlare di certi prestiti che ci farebbe il Banco di San Giorgio, ci ha raccontato com'è andata la discussione dell'altro ieri, tenuta nella sala vescovile, che vedeva tutti i domenicani a confronto, alla presenza di emeriti religiosi e laici piacentini. Tra costoro c'era il signor Antonio che, da molti anni ormai, fa parte dei notabili della città pur vantando le sue origini genovesi. Pare che l'esame della situazione tra i due contendenti sia stato lunghissimo; ma alla fine tutti - il vescovo stesso, il commissario del duca, i molti religiosi, dottori e gentiluomini - hanno sentenziato in favore degli osservanti. 
"E adesso dove andranno i conventuali?" ho chiesto al signor Antonio. 
"Sicuramente non moriranno di fame, caro Lorenzo. Alcuni hanno trovato ricovero nella mansione della Misericordia, altri nel convento di Galilea fuori città; parte qua e là per le case dei loro parenti, amici e sostenitori. Sembra che alcuni di loro si fossero già sistemati presso il prevosto di Santa Brigida; ma un ordine successivo l'ha obbligato, sotto pena della privazione del beneficio, ad allontanarli". 
Chissà se questa storia può dirsi conclusa? Il signor Matteo, con il senso pratico del mercante genovese - pur essendo da molti anni cittadino di Piacenza - pensa che la città abbia perso fin troppo tempo a dividersi e a parteggiare per quello o quell'altro dei contendenti. Da parte mia devo costatare quanto poco avevo compreso del temperamento dei piacentini. Chiusi e riservati - avevo scritto alla mia famiglia - come la nebbia che avvolge torri e campanili, come le facciate austere delle case che nascondono più che rivelare… E, invece, quanta passione e sentimento dietro quell'aspetto dignitoso! 


Piacenza, 10 aprile 1444 

Credevo di non dover più parlare di questa squallida vicenda, perché pensavo che si fosse già toccato il fondo. Ma oggi, Venerdì Santo, è stato chiaro a tutti quanto la miseria umana non abbia limiti, anche in coloro che, per vocazione, dovrebbero fare da intermediari tra noi e il Cielo. 
Ecco i fatti: stamani, per un gesto di cortesia ed anche per la curiosità di vedere il luogo, ho accompagnato in San Giovanni la moglie e la figlia del signor Matteo, le quali desideravano ascoltare la predica di fra Donato degli osservanti di San Domenico. La chiesa era gremita di uomini e donne, nobili matrone e gentiluomini; come noi, erano molti quelli di altre parrocchie, venuti soprattutto per vedere coi propri occhi il teatro di tante e violente diatribe. Ad un tratto, mentre fra Donato era impegnato in sottigliezze dialettiche e teologiche, hanno cominciato a piovere sassi attraverso le finestre della chiesa. Il fragore era assordante, la gente quasi s'accapigliava per trovare riparo o per giungere all'uscita. Fra grida, urla e spintoni sono riuscito a portare in salvo la signora Giustina e la figlia Caterinetta. Poi, non appena ho potuto, sono tornato sul posto. 
Che cosa era successo? Un gran numero di uomini, su richiesta dei conventuali, avevano assaltato il convento; rotta la porta del Torchio, erano entrati nel chiostro di Sant'Alessio, dove con picche, pietre e balestre avevano combattuto ferocemente. 
"E c'è mancato poco che bruciassero il convento! - mi ha detto un uomo. - Per fortuna qualcuno ha cominciato a battere a stormo con la campana: un mucchio di persone si è riversato fin qui, spinto anche dalle esortazioni del canonico che stava predicando in piazza del duomo. Ma quando vengono le guardie?"
In quel mentre, è arrivato il podestà con tutta la corte armata. Subito i malfattori si sono dati alla fuga, chi da una parte e chi dall'altra. Alcuni, però, sono stati catturati e condotti alla prigione del castello di Sant'Antonino. 
Chissà se almeno nel giorno di Pasqua ci sarà una tregua? 


Piacenza, 15 ottobre 1444 

Sono appena tornato da Lione. Ancora carico d'emozioni e di ricordi, sono stato riportato bruscamente alla realtà con le solite e meschine beghe monastiche. 
Dunque, pare che i conventuali, dopo vari assalti e successive cacciate, ce l'abbiano fatta. Ma andiamo con ordine. Alla fine d'agosto, quando con Matteo Cigala stavo inerpicandomi per la strada tortuosa del Moncenisio, i conventuali avevano ripreso il controllo di San Giovanni. Evidentemente il loro ricorso alla violenza non aveva turbato più di tanto il duca di Milano: di lì a poco, in virtù d'alcune sue lettere, il convento veniva restituito ai frati dell'Osservanza. Finché, qualche giorno fa, si sono rinnovate le scandalose scene da parte dei conventuali, che sono riusciti a cacciare gli osservanti. Per quanto tempo non si sa; dipende dalle decisioni che verranno prese. Per ora si parla di scomuniche… 


Piacenza, 1 novembre 1444 

Poche righe per dire che tutte le clamorose liti tra i domenicani sono finite. Forse tutti i santi del Cielo, messi insieme, sono riusciti dove uno solo di loro, San Domenico, niente aveva potuto. Assolti dalle scomuniche, mediante la restituzione fatta alla sagrestia di San Giovanni dei libri, dei paramenti, dei calici e di tutte le cose di cui s'erano impossessati, i conventuali rimangono padroni del campo. 


Piacenza, 5 febbraio 1445 

"Caro Lorenzo, che cosa credevi? Di questi tempi - pensa soltanto al duca che cerca di liberarsi di suo genero, lo Sforza, o alle lotte appena finite tra i vari papi per occupare la cattedra di San Pietro - non c'è da meravigliarsi che dei frati si facciano la guerra" mi diceva, questa sera, il signor Matteo. 
Sarà pur vero, tuttavia queste cose mi scandalizzano ancora. Non contenti di rimanere padroni di San Giovanni, i conventuali hanno preso a perseguitare quelli dell'Osservanza: giorni fa imprigionando fra Pietro Rinaldi, che si era rifugiato nelle case del Consorzio dello Spirito Santo, e oggi catturandone altri. 
"Dio solo sa come, hanno armato una grossa masnada di uomini - gente pessima, dico io - e con questa gentaglia sono andati alla parrocchia di San Giorgio dove si erano rifugiati gli osservanti. Ne hanno presi alcuni, che poi hanno cacciato nelle carceri di San Giovanni. Quattro frati dell'Osservanza, che erano ospitati in casa di Lazzaro della Porta, sono sfuggiti all'arresto per miracolo: Giovanni Anguissola, avuto forse il sentore di quanto si andava preparando, è riuscito nottetempo a farli arrivare sani e salvi a casa sua con la scorta di duecento uomini armati". 


Piacenza, 14 maggio 1445 

Ho riletto queste pagine e mi sono reso conto che rispondono ben poco a quanto mi ero proposto di fare. Avevo cominciato a scrivere, pensando che ciò potesse servire da sfogo nei momenti di solitudine; dovevano essere le impressioni di un forestiero ospitato in una terra non sua, le memorie di viaggi e di fatti curiosi. Avete visto fin dove è andato Lorenzo Trigosio, chi ha incontrato e che cosa ha fatto? immaginavo che avrebbero detto di me i miei discendenti. E invece che cosa mai potranno pensare di un uomo che in questi due anni non ha fatto altro che raccontare una guerra grottesca tra domenicani? Ma dato che sono giunto fino a questo punto della storia, è opportuno che l'aggiorni. 
Le scene che si sono verificate a febbraio sono continuate sino al principio di questo mese. Il podestà, proprio in questi giorni, è riuscito a sventare la cattura di fra Tommaso Bresciano, un predicatore dell'Osservanza. Il piano ordito dai conventuali prevedeva che un certo Baderna Beccajo, su ordine di fra Rainaldo Cartàro e fra Guglielmo Scurzano, rapisse l'osservante per condurlo nelle carceri di San Giovanni.


Piacenza, 22 giugno 1445 

Dopo tanti rabbiosi litigi, Filippo Maria Visconti si è deciso e ha fatto valere la sua autorità: San Giovanni rimane ai conventuali e dello stesso parere è il Maestro Generale dell'Ordine. I più informati dicono che si è giunti a questa decisione per la pressione e gli uffici dei molti e potenti protettori dei conventuali. E i poveri frati dell'Osservanza? Se non riescono a trovare un altro luogo sacro che li ospiti, essi dovranno ribattere la via per cui erano venuti, hanno ordinato il duca e il Generale dei domenicani. 
Dunque questa storia è finita, così come è cominciata; con l'unica differenza che alla gioia ora si sostituiscono le lacrime dei nobili, delle matrone e di chi aveva voluto i frati dell'Osservanza. C'è chi prevede addirittura che il Cielo irato verserà su Piacenza l'intero vaso di Pandora. Io non sarò qui a vedere, visto che tra qualche giorno farò ritorno a Genova, e nemmeno m'interessa la veridicità di questa profezia. Tuttavia una domanda continua ad assillarmi: a cosa è servito tutto ciò? 



Terzo episodio dei racconti piacentini di Anna, questa volta in forma epistolare. Anche questo è tratto da una storia vera, il conflitto sanguinoso all'interno dell’ordine domenicano di Piacenza per il possesso di un monastero, nel triennio 1442-1445. Qualche anno più tardi sarebbe nato Girolamo Savonarola, un altro domenicano capace di incendiare una città.

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